una cooperativa al servizio della cultura

UOMO E AMBIENTE TRA
UTOPIA E APOCALISSE


3° Ciclo, 14 Ottobre 2008 – 21 Gennaio 2009

Ideata nel 2007, l’iniziativa si prefiggeva l’obiettivo di approfondire secondo tre format differenti le problematiche legate al rapporto sempre più pressante che l’uomo ha nei confronti dell’ambiente naturale, e tale resta lo scopo anche di questa seconda edizione, che proporrà appuntamenti tra ottobre 2008 e gennaio 2009. In programma tre film, una mostra fotografica, cinque incontri con gli esperti e un focus di approfondimento, per un totale di dieci appuntamenti, la più parte dei quali promossi presso il Ridotto del Teatro Verdi di Fiorenzuola d’Arda, cui si aggiunge una importante mostra scientifica. Due dei tre film proposti saranno programmati al Cinema Capitol, mentre un terzo film sarà programmato presso la Sala Bot del vicino comune di Carpaneto, che si affianca al comune di Fiorenzuola d’Arda nel sostenere l’iniziativa e ospita tre degli undici appuntamenti proposti. La mostra scientifica, un inedito per la nostra iniziativa, sarà allestita nei nuovi spazi dell’Ex Macello Comunale appena ristrutturato e sarà presentata dal fiorenzuolano Pierluigi Viaroli, professore di ecologia all’Università di Parma e presidente della Società Italiana di Ecologia. Quanto ai contenuti, rispetto alla scorsa edizione si può sottolineare una maggiore attenzione agli aspetti filosofici dell’emergenza ambientale, con ben due conferenze incentrate in fondo sulla filosofia ambientale. Ritorna poi l’attenzione al disequilibrio tra Nord e Sud del mondo e al tema dei cambiamenti climatici, cui sono dedicate rispettivamente la prima e la seconda delle due mostre proposte. Ritornano, anche, le critiche al mito della crescita, mentre è nuovo il tema delle nuove frontiere dell’urbano cui sono dedicati due film e una conferenza. Altro tema caldo, quello dell’incenerimento dei rifiuti, cui sarà dedicata un incontro e un focus di approfondimento curato da Mario Ferrari.

PRESENTAZIONE

«Il principale difetto della società industriale e della sua divinizzazione dello sviluppo sta nel fatto che questa tipo di società non può durare all’infinito (..) poiché il pianeta non può sopportare questo continuo aumento della richiesta di beni ambientali e (..) Un aumento all’infinito di qualsiasi cosa non può avere luogo in un pianeta in cui le risorse sono finite ».
Edward Goldsmith, Robert Allen, La morte ecologica, 1972

Per noi che viviamo in un paese ricco e industrializzato è difficile rendersi conto che il modello di sviluppo che ci ha dato tutto questo, quello basato sulla crescita illimitata, possa essere intrinsecamente irragionevole. Ancora più difficile, per noi, è pensare che la Terra, il pianeta che ci sostiene, possa davvero essere sotto sforzo e, oppresso da un carico eccessivo, non più capace di rigenerare in tempo reale le risorse che gli saccheggiamo per sostenere la nostra folle fuga in avanti. Eppure gli argomenti per rendersi conto del regime di sovraconsumo (overshoot) cui è costretto il pianeta non mancano. Si può fare riferimento, ad esempio, al cosiddetto Earth Overshoot Day, che è il giorno dell'anno in cui il nostro consumo di risorse naturali supera la produzione naturale annua della Terra. Questo numero, secondo gli esperti del Global Footprint Network, che ogni anno calcolano l'impronta ecolo-gica globale dell’umanità, ovvero la sua necessità di campi, pascoli, foreste, aree di pesca e spazio per infrastrutture, e la confrontano con la biocapacità globale della Terra, ovvero la capacità degli ecosistemi appena citati di produrre risorse e assorbire rifiuti, nel 1986 cadeva il 31 dicembre, il che vuol dire che nel 1986 il nostro consumo globale di risorse naturali eguagliava esattamente la produzione naturale annua della Terra. In quell'anno, cioè, tanto noi abbiamo consumato, tanto la Terra ha prodotto. Naturalmente, per migliaia di anni la capacità di produzione naturale annua della Terra è stata di gran lunga eccedente il nostro consumo globale annuo di risorse naturali, ed è grazie a questa eccedenza che, ad esempio, abbiamo accumulato gli enormi giacimenti di combustibili fossili che stiamo oggi intensivamente dilapidando. Negli ultimi decenni, però, la tendenza si è invertita, e la nostra moderna società dei consumi usa le risorse naturali più velocemente di quanto queste possano essere rigenerate e immette carbonio nell'atmosfera più velocemente di quanto questo possa essere riassorbito. Nel 1996, infatti, sempre secondo i calcoli del Global Footprint Network, il nostro consumo globale risultava maggiore del 15% rispetto alla capacità di produzione annua del pianeta e l'Earth Overshoot Day cadeva in novembre. Quest'anno, l'Earth Overshoot Day è caduto il 23 settembre e il nostro livello di sovraconsumo è risultato maggiore del 40% rispetto alla capacità di produzione annua della Terra. In pratica, è come se stessimo sfruttando la capacità biologica non di uno ma di 1,4 pianeti. Ora questo può andare avanti per un breve periodo, ha spiegato Mathis Wackernagel del Global Footprint Network, «ma fondamentalmente tutto ciò porta ad un accumulo di rifiuti e all'esaurimento delle reali risorse da cui dipende l'economia umana». Il sovraccarico ecologico, d'altronde, è alla radice di molti dei più urgenti problemi ambientali che dobbiamo fronteggiare oggi: il cambiamento climatico, la diminuzione della biodivesità, la riduzione delle foreste, il collasso della pesca e l'attuale crisi alimentare globale. Tutto questo, unitamente alla continua crescita dei consumi, fa si che l'Earth Overshoot Day ogni anno arrivi sempre prima. Allora questo cosa vuol dire? Vuol dire che non stiamo consumando solo le risorse che ci spettano, ma consumiamo anche parte di quelle riservate alle generazioni future. Inoltre, visto che l'accesso alle risorse non è lo stesso per tutti, vuol dire che c'è chi consuma non solo la quota di risorse che gli è riservata ma saccheggia anche parte di quella riservata ai suoi simili. Per cercare di quantificare l'entità di quest'altro sovraconsumo si può di nuovo fare riferimento al concetto di impronta ecologica introdotto da Mathis Wackernagel e William Rees, definita come la superficie produttiva del pianeta che serve per fornirci le risorse che utilizziamo in un anno, cioè per produrre il cibo che consumiamo, per assorbire la CO2 che produciamo, per fornirci la carta e il legno che utilizziamo, lo spazio per infrastrutture che sfruttiamo, ecc. Se si fanno i conti si trova che, se l'accesso alle risorse fosse lo stesso per tutti gli abitanti della Terra, la nostra impronta ecologica dovrebbe essere di circa 1,8 ettari. Ma l'accesso alle risorse, lo abbiamo già detto, non è lo stesso per tutti, così finisce che l'Italia, ad esempio, con una impronta ecologica di 3.8 ettari a persona, sta utilizzando le risorse prodotte da un territorio molto più vasto della sua effettiva estensione territoriale. Di fatto, è come se avessimo sconfinato nel territorio di altri paesi e ne stessimo sfruttando le risorse. Detto diversamente, se tutti sulla Terra vivessero come gli italiani ci vorrebbe le risorse non di una ma di più di due Terre. Se poi, anziché fare riferimento all'impronta ecologica dell'Italia, ci riferiamo all'impronta ecologica degli Stati Uniti, ci vorrebbero addirittura cinque o sei Terre. La Terra, però, è una sola, per cui il primo tra tutti gli eccessi che caratterizzano le nostre opulenti società occidentali è un eccesso di Terra. Altri eccessi, da quelli delle città a quelli dei rifiuti, si incontreranno nel corso del percorso proposto che, come negli anni passati, propone approfondimenti secondo tre format differenti: incontri con gli esperti, proiezione e commento di documentari cinematografici e mostre fotografiche. Una mostra scientifica curata dall’Associazione Euresis di Milano chiude la proposta. Mario Ferrari

PRESENTAZIONE
«La terra è rotonda e la superficie di una sfera è finita. Vi sono limiti oggettivi alla crescita; violarli senza alcuno scrupolo in nome di un progresso illimitato porta per forza di cose alla catastrofe». Vittorio Hosle, 1991

Eccesso; è questa la parola chiave della nuova edizione di «Uomo e ambiente tra utopia e apocalisse». Concetto strano quello di eccesso: denota l'anormale, non come altro dal normale, ma come normale al quadrato, o al cubo. Eccedere è superare il limite che delimita ciò che viene considerato normale per rimanere tale. L'eccesso di qualcosa, così, non è diverso rispetto a quella cosa, è un di più, è il momento in cui gli elementi che caratterizzano la cosa d'origine diventano più evidenti, tanto da essere ingombranti, da farsi problema. L’eccesso dell’urbano, così, è l’urbano troppo urbano, che è l’iperbole con cui vengono presentati due degli appuntamenti proposti. Di eccesso in eccesso ci viene da ricordare che nel 2001 Johnatan Loh e Mathis Wackernagel hanno calcolato che nel 1987 l'umanità stava utilizzando il 20% in più della capacità portante del pianeta: in pratica l'uomo viveva come se avesse a disposizione non una ma 1,2 Terre. Gli stessi autori calcolano che a questi ritmi di consumi nel 2050 l'uomo vivrà come se avesse a disposizione non una, non 1,2 ma 2,3 Terre. Viviamo dunque in un eccesso di Terra, che però non esiste. E’ questo il tema dominante del terzo dei film proposti, The planet, film fuori mercato che proietteremo in collaborazione con il Festival Cinemambiente di Torino. Così come viviamo in un eccesso di Terra, la cementificazione dei suoli dovuta all'espansione delle città non solo ci fa vivere in un eccesso di città ma, alterando, come fa, la capacità di riflettere o immagazzinare energia solare, contribuisce a sua volta all’eccesso degli eccessi, l’eccesso di clima, quel clima rovente di cui abbiamo molto parlato l’anno scorso e che quest’anno è al centro dell’importante mostra scientifica che ospiteremo a gennaio. Città in eccesso, certo, ma anche eccessi di città come le periferie, gli slums, le favelas e le baraccopoli che fanno da cintura alle grandi metropoli del Terzo Mondo. Spazi limite che contengono in sé i tratti definitori della città e che al contempo evidenziano ciò che nelle città “normali” rimane nascosto. Città mostruose, ma pur sempre città, come evidenzierà l'antropologo Fabrizio Floris presentando e commentando la splendida mostra fotografica curata da padre Alex Zanotelli a difesa di Korogocho, una delle maggiori baraccopoli di Nairobi, la capitale del Kenia, che ospiteremo presso il Ridotto del Teatro Verdi. Eccessi di città, di nuovo, in cui il conflitto tra Nord e Sud del Mondo, occultato con muri impenetrabili, viene pur tuttavia interiorizzato, come emerge nel film La Zona, ma anche città degli eccessi, soprattutto di violenza, evidenti in Tropa de Elite. Eccessi di città che producono uomini in eccesso, non riconosciuti, privi di qualsiasi diritto e qualità umana se non la loro presenza ingombrante. Eccesso di umanesimo, anche, con l’Ambiente e gli Animali troppo spesso declassati a mere proprietà dell'uomo. Solo negli ultimi anni, infatti, ad Ambiente e ad Animali si è cominciato a riconoscere una dignità intrinseca. Tuttavia molto, ancora, deve essere fatto, come spiegherà Piergiacomo Pagano, biologo e ricercatore per ENEA, l’Ente per le Nuove Tecnologie l'Energia e l'Ambiente. Eccessi per antonomasia sono anche i rifiuti, eccesso ed eccedenza dei nostri consumi e della nostra vita, così come è eccessiva la volontà di liberarsene incenerendoli. Come spiegherà Marino Ruzzenenti, c’è un solo modo per liberarsi davvero dei rifiuti: non produrne. Eccessiva, poi, è la nostra adesione incondizionata alla crescita, al mito della crescita, che è poi la causa di tutti i nostri mali, come spiegherà Andrea Masullo, esponente di prim’ordine del movimento della decrescita. E' quindi davvero un viaggio attraverso gli eccessi quello che proponiamo; eccessi che ci appartengono e che ci interrogano, poiché, come ha scritto ancora Vittorio Hosle: «E' necessario che alla domanda 'si può fare?', si accompagni un'altra domanda: 'ha senso farlo?’» Andrea Marziani

PROGRAMMA

Martedì 14 Ottobre
RIDOTTO TEATRO VERDI ORE 21.00

UNA SOLA TERRA
GAIA TRA SCIENZA E IDEOLOGIA
Relatore: Roberto Bondì

Gaia, l’antico nome che i greci davano alla Terra, non designa solo il nostro pianeta ma anche una delle più affascinanti congetture che siano mai state fatte su di esso, l’Ipotesi di Gaia, appunto. Principale artefice di questa teoria, secondo cui la Terra sarebbe a tutti gli effetti un organismo vivente capace di autoregolazione, è lo scienziato inglese James Lovelock che, oramai in veneranda età, con il suo ultimo libro The revenge of Gaia – La rivolta di Gaia ha delineato scenari inquietanti per il futuro della Terra. Per fare fronte agli effetti del riscaldamento globale, sostiene Lovelock sfatando un tabù che per lui, in realtà, non è mai stato tale, l'unica via percorribile è l’energia nucleare, fonte energetica sicura e, soprattutto, rispettosa di Gaia. Alla figura di Lovelock, ai suoi difficili rapporti con l’ambientalismo integralista e alle sue proposte di politica ambientale è dedicata la serata, che avrà anche il compito di cercare di distinguere ciò che vi è di scientifico e ciò che invece vi è di ideologico nel dibattito internazionale sulla Teoria di Gaia e sui cambiamenti climatici. Il relatore, alla figura di Lovelock ha dedicato i suoi ultimi due libri ed è intervenuto al suo fianco al Festival della Letteratura di Mantova. Profilo del relatore: Roberto Bondì è Professore associato di Storia del pensiero scientifico all’Università della Calabria e autore dei libri «Blu come un'arancia. Gaia tra mito e scienza» (UTET, 2006), «Solo l'atomo ci può salvare. L'ambientalismo nuclearista di James Lovelock» (UTET, 2007).

Mercoledì 22 Ottobre
RIDOTTO TEATRO VERDI ORE 21.00
ECCESSI DI CITTA’
BARACCOPOLI, SLUMS, CAMPI PROFUGHI E PERIFERIE PSICHEDELICHE
Relatore: Fabrizio Floris

L’idea classica di città, com’è noto, sta cambiando, e se anche qui da noi è facile rendersene conto è attorno alle grandi metropoli del terzo mondo che l’urbano così come lo abbiamo conosciuto finora perde del tutto i tratti che lo hanno caratterizzato storicamente. Accanto o intorno a queste città, ma anche in luoghi come i campi profughi, che assomigliano alle città senza esserlo, crescono a dismisura insediamenti di esseri umani inutili al sistema e fuori luogo. Milioni di persone che non vanno bene neanche per essere sfruttate perché non servono né come manodopera a basso costo né tantomeno come consumatori, visto che non hanno reddito. Popolazione in eccesso, quindi, che vive o sopravvive nei luoghi propri di questo eccesso: banlieus, campi profughi e slums. Un pianeta nel pianeta, questo degli slums, che già oggi ospita un miliardo di individui, ossia 1/6 dell’attuale popolazione mondiale nonché il 78 % della popolazione urbana dei paesi meno sviluppati, ma che fra soli trent’anni dovrà ospitarne 2-3 miliardi. Si tratta di un fenomeno sconvolgente, in aumento esponenziale, di cui la serata cercherà di rendere conto alla luce degli studi di antropologia, economia e sociologia. Tre, in particolare, sono le realtà che il relatore racconta per ricognizione diretta: una baraccopoli (Korogocho a Nairobi), un campo profughi (Kakuma, al confine fra Sudan, Uganda, Etiopia e Kenya, in cui, a seguito di varie guerre, si sono rifugiate 86.000 persone) e una delle tipiche periferie marginalizzate di oggi, la periferia diffusa di Torino. Profilo del relatore: Fabrizio Floris ha insegnato Antropologia economica presso la Facoltà di lettere e filosofia dell’università di Torino e Sociologia generale presso le università di Milano e Betlemme. E’ autore del libro «Eccessi di città: baraccopoli, campi profughi e periferie psichedeliche». Nella foto il relatore in uno dei suoi soggiorni in Africa.

Mercoledì 29 Ottobre
CINEMA CAPITOL ORE 21.00
URBANO TROPPO URBANO
Proiezione del film La zona di Rodrigo Plá (Messico/Spagna, 2007)

In Messico come in Colombia, nelle cosiddette "zone rosa" di Caracas come nelle grandi metropoli brasiliane circondate da favelas, la tendenza della parte agiata della società sembra essere la stessa: recintarsi in zone residenziali edificate appositamente, o riadattate allo scopo, così da condurre un'esistenza privilegiata il più lontano possibile dalla violenza e dalla disperazione che consumano i quartieri più poveri. Gli strumenti di cui ci si serve sono sempre gli stessi: barriere percorse dal filo spinato, check point piazzati all'ingresso di strade private, vigilantes armati fino ai denti e videocamere di sorveglianza ovunque. Sono questi, appunto, gli ingredienti di questo film durissimo, opera prima di Rodrigo Plá ambientata in una città non troppo immaginaria in cui una “zona“ altamente borghese con villette a schiera, prati curati, cani e bambini che vanno a scuola in divisa è incontrovertibilmente divisa da una regione altamente disagiata al limite della favela da un muro impenetrabile dotato di filo spinato e guardie armate. Il crollo imprevisto di un traliccio, offre però ad alcuni incauti giovani un varco inatteso alla “zona”, il che da la stura ad uno psicodramma collettivo. Quando gli è stato chiesto se esistano davvero luoghi come La zona il regista ha risposto: «Il quartiere che ho filmato esiste davvero (...) e l'abbiamo scelto anche perché, al contrario di altri luoghi simili, le case all'interno sono tutte uguali, il che da l'idea di un'armonia forzata che tende a omologare il pensiero di chi ci abita fino alla follia». E sta proprio qui la forza del suo film: la messa in scena di una dinamica sociale violenta che sembra scaturire direttamente dall’armonia forzata. Premi: Premio della Critica internazionale Festival di Toronto 2007; Premio Luigi De Laurentis migliore opera prima Festival di Venezia 2008.

Mercoledì 5 Novembre
CINEMA CAPITOL ORE 21.00
URBANO TROPPO URBANO
Proiezione del film Tropa de elite di José Padilha (Brasile/Argentina, 2007)


Primo film high-budget della storia del cinema brasiliano, Tropa de Elite ha raggiunto la vetrina internazionale all’ultimo Festival di Berlino, dove ha vinto l’Orso d’Oro, dopo avere letteralmente fatto scalpore in patria. Il Dvd del film, commercializzato illegalmente prima dell’uscita del film nelle sale, sembra sia stato visto da più di tre milioni di persone, il che non ha impedito al film di sbancare il box office brasiliano. Scritto sulla base di testimonianze reali di ex-poliziotti e psicologi, il film si propone come un intenso viaggio nella psiche tormentata di uomini d'onore ligi al dovere che si trasformano loro malgrado in spietate macchine di morte e concentra la sua essenza nella frenetica mezz'ora finale in cui viene drammaticamente fuori tutta l'amarezza di chi vive dalla nascita in quei luoghi dimenticati da Dio e la storia giunge al suo tragico epilogo. Panoramiche a schiaffo, voce fuori campo, montaggio da guerriglia, camera a mano e rap portoghese in sottofondo, il film è di fiction ma girato con il piglio del documentarista e finisce per offrire uno spaccato sociale a dir poco raccapricciante in cui favelas sterminate fanno da sfondo ad armi e schizzi di sangue in ogni dove. Con immagini spesso di violenza iperrealista, il film è un pugno nello stomaco, un grido disperante in cui povertà, corruzione, e violenza generano una miscela destinata a esplodere producendo morti e feriti, soprattutto tra i poveri cristi. Senza che sia anche lontanamente possibile intravedere una via d’uscita.
Premi: Orso d’Oro Festival di Berlino 2008.

Giovedì 6 Novembre
RIDOTTO TEATRO VERDI ORE 21.00
OLTRE IL MITO DELLA CRESCITA
Relatore: Andrea Masullo


Ormai è sotto gli occhi di tutti: inseguendo il mito della crescita ad ogni costo l’umanità non solo non riuscirà a sanare le disuguaglianze che affliggono gran parte di essa, disuguaglianze che, invero, vanno accentuandosi, ma non riuscirà nemmeno a garantire a lungo quel benessere che è riuscita a costruire nei paesi più industrializzati. Infatti, se in passato siamo sempre riusciti a spostare più avanti la frontiera dello sviluppo economico, oggi non c’è più alcun angolo del nostro pianeta che non sia in qualche modo compromesso dalle nostre attività: la frontiera, cioè, ha fratto il giro del pianeta e i rifiuti che buttiamo dalla porta ci ritornano dalla finestra. Compito della serata è prospettare una via d’uscita a questo cortocircuito logico. Il relatore, Andrea Masullo, è un autorevole esponente di quel “movimento della decrescita” che ha in Serge Latouche uno dei suoi più vivaci punti di riferimento. Profilo del relatore: Andrea Masullo è docente di Teoria dello Sviluppo Sostenibile all’Università di Camerino e nel Master Ambiente Pace e Sviluppo presso la Pontificia Università Urbaniana. È responsabile dell’Unità Clima e Energia del WWF Italia e fa parte del Consiglio Direttivo di ISES Italia - Sezione dell'International Solar Energy Society. È autore di numerosi testi e articoli sui temi dell’ambiente, dello sviluppo e dell’energia, fra i quali ricordiamo Il Pianeta di Tutti (EMI, 1998), Energia verde per un pianeta “rinnovabile” (Franco Muzzio Editore, 2006), La sfida del bruco. Quando l’economia supera i limiti della biosfera (Franco Muzzio Editore, 2008).

Mercoledì 12 Novembre
SALA BOT CARPANETO PIACENTINO ORE 21.00
UN PIANETA DI RIFIUTI
L’INCENERITORE ASM DI BRESCIA: UN MONITO PER LA PENISOLA
Relatore: Marino Ruzzenenti


La mancata realizzazione dell’inceneritore di Acerra, com’è noto, è stata accreditata a furore di stampa come la principale causa dell’emergenza rifiuti in Campania. Per contro, sempre a furore di stampa, l’inceneritore di Brescia continua ad essere additato come un esempio virtuoso cui attingere, il che è funzionale anche ad accreditare l’idea di un Nord virtuoso in cui i rifiuti, vivaddio, vengono inceneriti, e di un Sud arretrato cronicamente incapace di liberarsi dei rifiuti che produce. Ma le cose stanno davvero così ? Davvero non c’è alternativa tra la discarica e l’incenerimento dei rifiuti? Il relatore della serata, Marino Ruzzenenti, la pensa diversamente. Insegnante e ambientalista militante, è autore di un libro che fa il contropelo al più grande inceneritore d’Europa, quello di Brescia, appunto, fornendo argomentazioni e dati significativi relativi sia all’impatto ambientale dell’impianto, sia alla commistione fra potere economico e potere politico-amministrativo che si è coagulata attorno all'A. S. M. di Brescia. Inoltre, snocciola dati: la raccolta differenziata, a Brescia, ad esempio, è al palo, mentre sotto il profilo del recupero energetico l'efficienza dell'impianto è molto più bassa di quanto non si pensi. Per contro, esperienze virtuose di raccolta porta a porta sembrano incoraggiare i propugnatori dei “rifiuti zero”. Profilo del relatore: insegnante e ambientalista militante, Marino Ruzzenenti è autore del libro L’Italia sotto i rifiuti, Jaca Book, Milano 2004.

Mercoledì 19 Novembre 2008
RIDOTTO TEATRO VERDI ORE 21.00
LA MISERIA DELLO SVILUPPO
Inaugurazione della mostra fotografica W Nairobi W


Costruita con scatti del fotoreporter padovano Francesco Fantini, la mostra è stata ideata come strumento per fare conoscere la drammatica realtà di Korogocho, una delle maggiori baraccopoli di Nairobi, la capitale del Kenia. Visitando la mostra, invero, si ha l’impressione di camminare per alcuni istanti sulle polverose e infangate stradine di Korogocho immersi in una realtà difficilmente immaginabile: gli infiniti tetti in lamiera delle baracche, ragazzi di strada, uomini e donne che frugano, giorno dopo giorno, nelle discariche a cielo aperto in cerca di “sopravvivenza”, vecchi addormentati tra i rifiuti. Un panorama da incubo che è l’altra faccia dello sviluppo, la vera e propria miseria dello sviluppo. La visita alla mostra sarà preceduta da una introduzione di Mario Ferrari.

Mercoledì 26 Novembre 2008
SALA BOT CARPANETO PIACENTINO ORE 21.00
FARE PACE CON IL PIANETA
Proiezione e commento del film The planet di Linus Torell, Michael Stenberg e Jan Roed (Svezia, Norvegia, Danimarca, 2006)
Film vincitore del Festival Cinemambiente 2007

Serata promossa in collaborazione con il Festival Cinemambiente di Torino.


Girato lungo un viaggio durato due anni che ha toccato ogni angolo del globo e attraversato venticinque paesi, The Planet è un film ricchissimo di contenuti che, attraverso tante piccole pennellate, compone un desolante e quanto mai allarmante quadro complessivo sullo stato di salute del pianeta Terra al tempo dei cambiamenti climatici. Diretto a sei mani da Linus Torell, Michael Stenberg e Johan Söderberg, vanta uno stile fresco e diretto, è ricco di materiali esclusivi e riesce nell’intento di scuotere e informare anche lo spettatore più impreparato. Tra gli esperti che compaiono nel film, due da soli ne consigliano la visione, Lester Brown, scrittore, ambientalista ed economista statunitense fondatore del Worldwatch Institute e definito dal Washington Post come «uno dei più influenti opinionisti del mondo», e Jared Diamond, noto soprattutto per aver vinto il Premio Pulitzer con Armi, acciaio e malattie (1997) ma autore più recentemente di Collasso: come le società scelgono il fallimento o il successo (2004), dove esamina che cosa portò alcune fra le grandi civiltà del passato a precipitare nel baratro e considera quali insegnamenti ne possa trarre la civiltà di oggi. Oltre a ciò, il film offre un’amplissima panoramica sull’impatto sempre più pressante che l’amplificazione tecnologica sta avendo sugli ecosistemi terrestri: desertificazione, disboscamento, estinzioni, ecc. Si vedono all’opera le gigantesche escavatrici a tazze, che sono macchine alte come palazzi che scavano a ciclo continuo intere montagne e le discariche a cielo aperto in Africa dove l’Occidente seppellisce gli scarti dell’high tech, cioè di monitor, computer, ecc.

Mercoledì 3 Dicembre
RIDOTTO TEATRO VERDI ORE 21.00
LE FILOSOFIE DELL’AMBIENTE
Relatore: Piergiacomo Pagano


Qual è il nostro posto nella natura? Qual è il nostro ruolo? Quale futuro vogliamo? Possiamo fare della natura quello che vogliamo oppure dobbiamo rispettarla perché il suo valore è indipendente da noi? Per quale ragione dovremmo salvaguardare la natura e la diversità? Domande di questo tipo non sono solo una palestra per la mente che si interroga, e ciò non solo perché quello che pensiamo si riflette sul nostro modo di percepire, di vivere, di comportarci, fino a farci sentire soddisfatti o insoddisfatti del mondo in cui viviamo, ma anche perché l’ondata di disordini ambientali che ci sta di fronte ci richiama all’ordine. Cambiamenti climatici, desertificazione, inquinamento, grave perdita della biodiversità, popolazione in crescita esponenziale, sono solo alcuni aspetti di una problematica complessa che ci devono mettere in guardia. Allora, di nuovo: qual è l'atteggiamento più ragionevole per affrontare questi problemi? Compito del relatore sarà quello di guidare il pubblico tra le filosofie dell’ambiente cercando al contempo di rispondere alle domande che ci stanno di fronte. Profilo del relatore: Piergiacomo Pagano è ricercatore all'ENEA, Ente per le Nuove Tecnologie l'Energia e l'Ambiente, dove si occupa di parchi naturali e gestione del territorio. E' autore dei libri Filosofia ambientale (Mattioli 1885 Editore, 2002) e Alla scoperta dell’uomo: brevi saggi sull’uomo e l’ambiente (Alberto Perdisa Editore, 2005). Dal 2001 cura il sito web: www.filosofia-ambientale.it.

Mercoledì 10 Dicembre
SALA BOT CARPANETO PIACENTINO ORE 21.00
INCENERITORI, DIOSSINE E NANOPARTICELLE
Focus a cura di Mario Ferrari


La Campania è una delle poche regioni italiane a non ospitare sul suo territorio alcun inceneritore. Per contro, oltre alle 1200 discariche abusive censite da Legambiente vanta qualcosa come sette milioni di «ecoballe», ingombranti cubi incellofanati da oltre una tonnellata che attendono di essere inceneriti: se li si mettesse in fila, è stato osservato, si potrebbe coprire comodamente la distanza che separa Parigi da New York. Eppure sulla carta l'iter per smaltire i rifiuti dovrebbe essere abbastanza ben consolidato, visto che i rifiuti vengono accumulati e smaltiti ovunque, sulla Terra. In Campania, però, le cose non vanno: la raccolta differenziata non decolla, il percolato nerastro delle discariche penetra nel terreno e contamina le falde e non sono bastati quattordici anni per costruire l'inceneritore di Acerra. Altrove le cose, com'è noto, vanno meglio: ma a quale prezzo? E' vero che gli inceneritori, quelli che oggi si chiamano “termovalorizzatori”, non sono nocivi per la salute? Il noto oncologo Umberto Veronesi dice di si ma gli onori della cronaca spettano a Stefano Montanari che, complice la fama di Beppe Grillo, promuove campagne contro le nanoparticelle e le nanopatologie. E poi c'è l'annosa questione delle diossine: in Europa le normative sono tra le più stringenti, ma tutelano davvero la salute? Come stanno davvero le cose? Sono questi alcuni degli interrogativi cui si cercherà di rispondere nel corso della serata.

Mercoledì 21 Gennaio 2009
AULA MAGNA EX MACELLO ORE 21.00
In collaborazione con l’Associazione EURESIS di Milano.
Inaugurazione della mostra fotografica:
ATMOSPHERA
Interviene Pierluigi Viaroli, professore di ecologia all’Università di Parma
e presidente della Società Italiana di Ecologia.


La mostra sarà visitabile da sabato 10 gennaio a domenica 18 gennaio. Tema dei temi al centro del dibattito collettivo dell’ultimo decennio, il cambiamento climatico è il cuore palpitante di questa mostra che, avvalendosi della collaborazione di alcuni dei massimi esperti del campo, cerca di mettere in luce i fattori essenziali del problema dal punto di vista scientifico, distinguendo tra fatti consolidati, ipotesi di lavoro e questioni aperte. Il visitatore è condotto in un affascinante percorso interdisciplinare che, partendo dal lontano passato della storia della Terra, giunge fino alle più urgenti problematiche attuali, scoprendo dall'interno della problematica scientifica le domande fondamentali sottese al problema. L’obiettivo è quello di fare prendere coscienza al visitatore della straordinaria complessità del problema, della ricchezza e delicatezza dei fenomeni naturali che sul nostro pianeta cooperano a stabilire un clima adatto alla nostra vita, e della grande responsabilità a cui siamo chiamati nel momento in cui decidiamo di alterare equilibri che da millenni sostengono la vita sulla Terra. La prima parte della mostra illustra lo stato attuale delle conoscenze scientifiche sul presente e sul passato del clima terrestre. Quali sono i fatti e quali le incertezze sull'attuale mutamento climatico? Con quali tecniche è possibile ricostruire l'andamento del clima nel lontano passato della Terra? Quali sono i principali processi naturali che hanno determinato, o possono determinare, cambiamenti climatici globali? Si spazia dai cicli geologici all’attività solare, dalle eruzioni vulcaniche all'effetto dei raggi cosmici, dalle profondità dei ghiacci dell'Antartide al ruolo delle masse oceaniche, dai movimenti della Terra nel sistema solare e nella Galassia ai fattori biologici o accidentali quali la caduta di asteroidi. Quindi si entra nel merito degli effetti della presenza dell'uomo: quali sono gli elementi antropici di maggior potenziale impatto sul clima globale? Come si inseriscono i dati recenti nel quadro della storia a lungo termine del nostro pianeta? Se effettivamente ci avviamo a vivere in una Terra più calda, come possiamo positivamente rispondere a questo nuovo scenario? Il percorso scientifico, così, conduce inevitabilmente alla domanda: qual è l'atteggiamento più ragionevole per affrontare questi problemi? Con quali criteri prendere le decisioni a cui siamo chiamati? Qui il tema necessariamente travalica i limiti del metodo scientifico e chiama in causa la nostra stessa concezione di "natura" e di "uomo": la ragione scientifica, preziosa per comprendere ogni aspetto particolare, non ci dà i criteri per rispondere. Secondo la tradizione giudaico-cristiana, culla della scienza e della tecnica moderna, la natura è data all'uomo per il suo bene, perché egli possa realizzare se stesso e collaborare alla creazione. Ma al tempo stesso l'uomo non è il padrone del mondo e non può a lungo vivere se pretende di disporre della natura a suo piacimento. Curatori della mostra: Marco Bersanelli - Professore di Astrofisica, Dip. di Fisica dell'Università degli Studi di Milano; Nicola Sabatini - Fisico, Direttore di Euresis; Elio Sindoni - Professore di Fisica, Direttore del Dip. di Scienze Ambientali dell'Università degli Studi di Milano-Bicocca; Carlo Sozzi - Ricercatore presso l'Istituto di Fisica del Plasma [IFP] del CNR, Area di ricerca di Milano. Consulenza scientifica: Lucilla Capotondi - Ricercatore Istituto di Scienze Marine [ISMAR] del CNR; Mario Giuliacci - Professore di Fisica dell'Atmosfera, Università degli Studi di Milano-Bicocca; Gianluca Lapini - Ingegnere ricercatore CESI Ricerca, Milano; Valter Maggi - Professore di Climatologia, Università degli Studi di Milano-Bicocca; Progetto EPICA; Franco Prodi - Direttore dell'Istituto di Scienze dell'Atmosfera e del Clima [ISAC] del CNR. Hanno contribuito: Francesco Apadula - Fisico ricercatore CESI Ricerca, Milano; Antonio Ballarin-Denti - Professore di Fisica dell'Ambiente, Università Cattolica di Brescia; Stefano Caserini - Professore di fenomeni di inquinamento, Politecnico di Milano; Mita Lapi - Responsabile del Settore Qualità dell'Aria e Cambiamenti Climatici, Fondazione Lombardia per l'Ambiente; Maurizio Maugeri - Professore di Fisica dell'Atmosfera, Dip. di Fisica dell'Università degli Studi di Milano; Ernesto Pedrocchi - Ordinario di Energetica presso il Dip. di Energetica del Politecnico di Milano; Giorgio Vassena - Professore Associato presso il Dip. di Ingegneria Civile, Architettura, Territorio e Ambiente dell'Università di Brescia.